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Mrs. Waymon

Mrs. Waymon & Mr. Evans

Che fine sta facendo la creatività? Il Dede prova a rispondere a questa domanda con l’aiuto di Mrs. Waymon e Mr. Evans

Il concetto di voler trasmettere un messaggio Musicale si sta allargando come le maglie del pesantissimo capo in lana bianca indossato da George Michael durante il video di Last Christmas degli Wham! Quello, invece, che rimane ben chiaro, è che il concetto deve arrivare, deve avere successo, deve vincere ed imporsi, poco importa se è coerente, chiaro o in linea con la comunicazione, l’importante è che arrivi, se no – NEXT – avanti il prossimo “costruttore” (badate bene, non ho detto ricercatore) di concetti. Ogni tanto mi fermo a pensare al Mondo della creatività ed ho un po’ paura; mi piacerebbe essere il professor Xavier per una giornata, fare un saltino dentro cerebro e dare una sbirciatina, vedere se le idee viaggino libere come fatine nell’aria e non infilate dentro a delle coloratissime provette poggiate su sterili tavoli in acciaio per essere maneggiate da signori con immacolate cappe bianche. La sempre più crescente commercializzazione, insieme ad uno spasmodico bisogno di tecnica e di analisi millimetrata dell’Arte, sta appiattendo il livello di quello che si sente e si ascolta in maniera esponenziale, facendo pensare a coloro che si permettono di essere sè stessi – piacciano o meno – come a degli astronauti, dei pazzi visionari inutili, fuori dal coro ed anche un po’ reietti, da cercare sotto una crosta di omologazione decisamente spessa. Questo fino a quando più di n°X persone non diranno in coro: “figo!” ed allora, come la coda in autostrada che spesso si genera in maniera autonoma e senza senso alcuno, il Mondo si accorgerà che ci sono per adorarli, criticarli, analizzarli, passarli al setaccio e – tadaaaaaaaan – confrontarli con qualcos’altro, qualcosa anche a caso, non so, tipo: “le basette di lui sono uguali all’ispettore della Disney, ma l’altro mica ci assomiglia a Topolino!”… cose utili, insomma.
Quando raggiungi il momento dove esisti  – fa già simpatia  il concetto che uno si senta esistere grazie a qualcun altro e non grazie a sè stesso –  rischi di cadere nella trappola di Mrs. Eunice Waymon, che non è ne una pioniera della psicologia moderna, nè ha scoperto l’acqua con le bolle; rischi di essere invischiato in te stesso, cambi l’attenzione della ricerca, il focus e smetti di farti domande, di essere curioso, curi un personaggio, una vendita – anche giustissima se si vuole – necessaria a promuovere qualcosa che è stato prima scintilla, poi ardente fuoco ed adesso una polaroid che rischia di sbiadire se non la si tiene nel posto e modo giusto.
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Mrs. Eunice aveva smesso di essere semplicemente Eunice – debite proporzioni e contestualizzare sempre – per diventare Nina Simone e non riusciva, complice anche una seria patologia, ad essere più nient’altro che la fantastica donna di spettacolo che era, performer, attivista e, come si definiva lei, “una non-non violenta”. Una figlia è stata “cresciuta” da Nina Simone, creando enormi problemi sia a lei che a Eunice, un matrimonio è andato – giustamente nel suo caso – in pezzi, sia per Nina che per Eunice, e il peso delle responsabilità verso la Sua immagine e coloro che lavoravano per lei era insostenibile, facendole perdere i valori di insieme e di creatività che la Musica offre come naturale nutrimento per l’anima. Mrs.  Eunice, dopo essere sparita, dopo essersi ed essere stata maltrattata fino ad essere dimenticata ed aver toccato il fondo è tornata ad ESSERE vestendo i panni di Nina solo grazie alla Musica, all’affetto di coloro che la ricordavano ed apprezzavano, solo grazie alla scintilla che le aveva acceso quel fuoco dentro e non alla scolorita polaroid della sua patinata precedente vita artistica. Essere nuovamente se stessa l’ha portata alla considerazione di artisti del calibro di Mr. Miles Davis che le diede la possibilità di aprire ad alcuni dei suoi concerti in Europa (i rapporti di Mrs. Simone con il jazz erano decisamente aspri, fu decisamente criticata da Sonny Rollins n.d.r.).
Personalmente, patisco un po’ le critiche che – soprattutto quelle da parte di noi musicisti/musicofili – vengono mosse ad artisti che fanno dischi diversi l’uno dall’altro, che osano collaborazioni differenti ed alternative; sembra – ovvio non bisogna generalizzare – che non si dia la possibilità, a chi ha comunque raggiunto un punto, di crescere, di mettersi in gioco, di provare ed osare partendo dalla certezza che di Signore Waymon non ne è proprio pieno il Mondo, nè tanto meno di mix culturali che arricchiscono il Mondo della Musica – tutta – grazie alle diversità ed alla vera sperimentazione. Le diversità come quelle di un ragazzino classificato da riconosciuti e competenti insegnanti di Musica come non portato per l’espressione Musicale ma al quale, un po’ come contentino,  gli si riconosceva “solo” una caratteristica tecnica: la sua capacità innata di saper leggere la Musica a prima vista. In un lampo il piccolo Mr. Bill Evans, pur strimpellando vari strumenti, ma principalmente il violino e il pianoforte, era in grado di solfeggiare e cantare qualsiasi partitura avesse davanti. Cresciuto in un ambiente decisamente “ucraino”, i suoi ascolti erano vari dagli autori Russi alla classica pianistica del fratello, il tutto condito da quello che si sentiva alla radio.
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Ovviamente Mr. Evans è diventato uno dei pianisti più influenti del proprio e del nostro secolo, ma lo è diventato solo quando ha deciso di essere sè stesso, quando ha deciso di non seguire una carriera classica che gli era stata – successivamente – consigliata, quando ha deciso di non puntare sullo sport nel quale riusciva altrettanto bene. Ha scelto sè stesso nel Jazz, alimentando quella fiammella piccolissima che lo aveva fatto innamorare della Musica scritta ancor prima di quella suonata. Quella che è diventata un falò di dimensioni inimmaginabili e dalla quale – coscientemente – si è fatto uccidere.
Certo è che le storie di Mrs. Waymon e di Mr. Evans sono quelle di personaggi eccezionali, che tanto hanno dato alla Musica; ma la mia riflessione vuole essere uno sprono ad alimentare sempre quella fiammella, con il desiderio di proteggerla dalle incredibili difficoltà dalle quali verrà provata, di pensare che non si è mai ma proprio mai arrivati, quindi tanto vale non dare nulla per scontato, di essere coerenti il più possibile, contestualizzandosi, giudicando il meno possibile con un gran desiderio di ESSERE, godendosi un viaggio –  che non sarà sempre una passeggiata e che spesso non porterà a nulla – e non solo con l’obbiettivo di arrivare, coscienti di essere lontani lontanissimi dai protagonisti della storia.
Il Dede.

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