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Poppy Ajudha

Poppy Ajudha – Gli appunti di The Soul Haven

Poppy Ajudha ha ventun anni ed è britannica. Appena finita la discussione della sua tesi in Antropolgia e Musica si è buttata a capofitto nel lavoro per consolidare il suo debutto musicale. “Il primo EP è un momento speciale. Mi sento come se stessi per consegnare al mondo un lavoro che è davvero importante per me perchè è la sintesi e il risultato dei mei ultimi anni sia come maturazione personale sia come modo di pensare”

La sua musica è evidentemente influenzata dal soul, al quale Poppy ha aggiunto una dose mai sovrabbondante di sofisticatezza. I suoi ascolti – pur se giovanissima – sono intrisi di soul e jazz, la sua scrittura è sbilanciata verso questo secondo genere. A queste “radici” aggiunge il gusto per la produzione elettronica e riesce a trovare una cifra personale con la quale firmare le proprie canzoni. Inutile nascondersi dietro un dito: dando un’occhiata meno superficiale rispetto ai “tempi dei social” si scorge l’ispirazione principale di Poppy: Solange KnowlesCon certezza. In particolare il suo più recente (e magnifico) A Seat At The Table. Anche a livello di temi, compresi quelli politici.

Ed è a questo proposito che in una recente intervista ha dichiarato: “In quanto musicista, sei una nave che trasporta concetti e idee. Non puoi portare consapevolezza alle persone se queste non riescono a capire quello che stai dicendo”. Idee chiare, ispirazione “alta”, tanta voglia di esprimersi. Questi gli ingredienti artistici di Poppy Ajudha che sembra non curarsi del plauso facile su cui costruire una carriera da star, ma fortunatamente pare puntare più nello specifico sul costruire la propria identità artistica percorrendo la più difficile strada della reputazione. Sembra che Poppy scriva e suoni prima per se stessa, per un’esigenza che ha e della quale non può fare a meno. Le basi di tutta questa arte sono condensate nella sua Spilling Into You che vede la collaborazione di Kojey Radical (ex poeta, ora musicista).



In un’altra intervista dichiara che il suo intento è quello di provocare, di fare in modo che chi si espone alla sua arte e alla sua musica sia una persona coinvolta (la classica differenza fra “hear” e “feel”, resa meglio dai termini inglesi), possa trovarsi di fronte a domande, possa sentirsi a volte a disagio rispetto ai concetti che Poppy esprime. Un’artista, quindi, che chiede al proprio pubblico empatia, chiede di essere ascoltata e non soltanto sentita, chiede e spera di poter incontrare pensatori critici nel suo pubblico e in chi la apprezza.
E tu cosa ne pensi, di Poppy Ajudha?

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