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The Low End Theory - Tribe Called Quest

A Tribe Called Quest – The Low End Theory

La scorsa settimana si è festeggiato il trentennale di The Low End Theory, capolavoro hip hop degli A Tribe Called Quest

Nati verso la fine degli anni ’80 e formati da Q-Tip, Phife Dawg, Ali Shaheed Muhammad e Jarobi White, gli A Tribe Called Quest sono tra i più importanti esponenti dell’hip-hop degli ultimi trent’anni, tra i rapper più influenti. Loro peculiarità sono testi che trattano in maniera ironica tematiche sociali, problematiche dell’industria musicale, tutto con una vena jazzistica sorprendente e impeccabile. A farla da padrone, per quanto riguarda l’aspetto musicale, è un sound minimalista che prende sonorità mutuate dal be-bop e dall’hard-bop, insieme a beat di drum-machine che suonano come se fossero suoni di batteria reale e vintage. Q-Tip, che rappresenta il cuore della formazione, è un rapper di grande sensibilità artistica e musicale, dalle rime intelligenti e con un tono di voce pacato e quasi sussurrato, oltre che con un flow che sembra scat jazzistico. Dopo aver dato vita nel 1990 all’ineccepibile Instinctive Travels & The Path Of Rhythm, l’anno successivo danno alle stampe  quello che è il loro capolavoro, The Low End Theory.

Caratterizzato da un suono rilassato, con in primo piano suoni di batteria e contrabbasso, il disco conta anche dell’apporto di una grande leggenda del jazz, il contrabbassista Ron Carter (presente in Verses From The Abstract). Il mitico jazzista accettò di collaborare a quest’album a patto che i rapper non utilizzassero il turpiloquio. Ma Q-Tip rassicurò Ron Carter dicendo che il lavoro avrebbe trattato tematiche sociali e di peso. Non ci resta allora che lasciarci catturare dall’iniziale Excursions, che campiona i Last Poets e in cui il contrabbasso (qui campionato) e il flow di Q-Tip scavano in profondità creando un’amalgama perfetta e irresistibile. Come detto prima, Ron Carter ci regala il suo contributo speciale in Verses From The Abstract, con la calda voce di Vinja Mojica, mentre Vibes & Stuff si fa apprezzare per l’uso efficace del campionamento di Down On The Ground di Grant Green. Non può passare inosservato il singolone Check The Rhime, costruito campionando la Average White Band, il groove funky di Everything Is Fair (che prende in prestito un pezzo dei Funkadelic) e l’eleganza di Jazz (We Got It).

Per via del suo sound The Low End Theory riceverà anche l’apprezzamento di molti dj innamorati dell’acid-jazz, che non mancheranno di inserire suoi brani nelle loro playlist, ed eserciterà una grande influenza su rapper come The Roots, Mos Def, Common, Talib Kweli. Possiamo tranquillamente dire che senza questo disco non avremmo avuto nemmeno artisti come J-Dilla e Robert Glasper. Anche produttori come Madlib e 9Th Wonder non mancheranno di esternare la loro stima nei confronti di quest’opera, a cui loro devono molto. In una scena hip-hop spesso carica di rabbia e invettive, gli A Tribe Called Quest riescono a dire la loro su tutto ciò che li circonda utilizzando toni pacati, come fossero un invito a risolvere le questioni con diplomazia e savoir-faire. Il tutto senza risultare seriosi, in quanto l’ironia non manca mai, una caratteristica che accomuna anche altri grandi esponenti del genere come i loro coevi De La Soul. Q-Tip col tempo riuscirà a crearsi una posizione di tutto rispetto nel panorama hip-hop, guadagnandosi apprezzamenti anche da parte di varie voci neo-soul e R&B, che lo richiederanno in diversi featuring. In più darà vita anche a un’interessante carriera solista che troverà il suo apice in Kamaal The Abstract, lavoro del 2009 in cui l’anima jazz del rapper troverà la sua massima espressione. 

Francesco Favano

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