Black Diamond, il disco d’esordio di una veterana del soul: Angie Stone.
Ci sono artisti che esordiscono in età matura. Questo è anche dovuto alla tanta gavetta praticata, che molto spesso può servire ad arrivare a grandi risultati artistici. E’ il caso di Angela Laverne Brown, in arte Angie Stone. Oggi, con la nostra macchina del tempo del soul, vi traghetteremo nel 1999, parlandovi di “Black Diamond”. Per molti potrebbe risultare come un debutto per lei, ma non lo è. Classe 1961, nata nel South Carolina, fa il suo ingresso nel mondo della musica verso la fine degli anni ‘70 come rapper, utilizzando il nome d’arte Angie B e con il gruppo The Sequence, prima formazione hip-hop al femminile della storia della musica.
Quindi, anche in questo senso, lei potrebbe essere considerata come una pioniera. Il singolo con il quale esordiscono si intitola “Funk You Up”, pezzo che verrà semi-coverizzato da Erykah Badu per la sua “Love Of My Life Worldwide”, avvalendosi delle rapper Queen Latifah e Bahamadia, oltre che della stessa Angie Stone (come se quest’ultima si riappropriasse in parte del suo pezzo con le Sequence). Segue anche la militanza nel gruppo Vertical Hold, comporrà il pezzo “Jonz In By Bonz” di D’Angelo (a quei tempi ebbe una relazione con lui) e farà da corista ad artisti come Prince e Lenny Kravitz. “Black Diamond” può essere considerato come una svolta nella carriera di Angie Stone, in quanto si darà al neo-soul, da poco affermatosi nella black-music. In un certo senso, una specie di “secondo debutto”. In questo disco prendono parte Lenny Kravitz con la sua chitarra, lo stesso D’Angelo, Ali Shaheed Muhammad degli A Tribe Called Quest, il compianto Chalmers “Spanky” Alford, Craig Ross (chitarrista fidato di Lenny Kravitz) e Gerry Devaux (cugino di Lenny). Tra i pezzi meritevoli di essere menzionati basta ricordare il singolo “No More Rain (In This Cloud)”, che si avvale della composizione di Gordon Chambers (già a fianco di molti nomi soul-R&B) e del campionamento di un pezzo di Gladys Knight & The Pips, “Everyday”(composta da D’Angelo) e tracce groovy come “Life Story” e lo smooth-funk di “Green Grass Vapors”. Ottime anche la cover del classico di Marvin Gaye “Trouble Man”, la soffice “Bone 2 Pic (Wit U)” e l’altra cover presente, quella di “Heaven Help”, brano che fu inciso da Lenny Kravitz nel suo album “Are You Gonna Go My Way”(1993) e composto dal cugino di quest’ultimo, Gerry Deveaux. Entrambe le versioni, sia quella di Lenny che quella della Stone, brillano a pari merito. “Black Diamond” eccelle nel panorama della black-music di quegli anni per essere un lavoro che prende le distanze da molte produzioni patinate, per il suo suono vellutato, non aggressivo, ma che mantiene ben saldo il suo senso innato del groove, un disco morbido ma mai lezioso o sdolcinato. A questo si aggiunge anche la vocalità di Angie Stone, calda, in cui non mancano virtuosismi vocali ma allo stesso tempo non diventano meri esercizi stilistici, perché la sua voce esprime al meglio le emozioni cantate nei brani. E a Angie l’espressività e la passionalità non mancano, come è giusto siano presenti nel soul.
La discografia della cantante del South Carolina è pregna di qualità artistica e, oltre a questo disco, spiccano su tutti anche i tre successivi lavori che rispondono ai titoli di “Mahogany Soul”(2001), “Stone Love”(2004) e “The Art Of Love & War”(2007). Il suo catalogo prosegue con altre produzioni interessanti e seguendo l’indipendenza artistica. “Black Diamond” è un ottimo punto di inizio per scoprire le grandi doti di Angie Stone, un lavoro che è un perfetto ponte tra tradizione e modernità (spesso nei suoi brani non mancano campionamenti di grandi classici del soul dei bei tempi che furono). La sua carriera artistica, frutto della gavetta iniziata a fine anni ‘70, è la chiara dimostrazione di come alla fine non sia mai troppo tardi per fare il proprio ingresso nel mondo della musica. Ed è proprio quella stessa gavetta che può aiutare gli artisti ad andare in alto, a ottenere successo e crearsi una posizione di tutto rispetto nel campo artistico. E quindi non resta altro che complimentarci con Angie per aver ottenuto, con il tempo, il successo da lei tanto desiderato. God bless Angie Stone!
Francesco Favano