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Claver Gold – Gli Appunti di The Soul Haven

Requiem è il nuovo di Claver Gold fuori per Glory Hole Records, ma a me il rap italiano non convince.
Non lo ha mai fatto, se non in rari casi e soltanto per alcuni artisti che, in genere, si sono spinti un po’ più in là con testi di spessore o hanno portato consapevolezza al genere grazie a uno spessore artistico degno di essere ricordato senza correre incontro alla popolarità ad ogni costo.
Doveva esserci anche questa prima volta, anzi, quarta volta. Le altre sono storie diverse che magari ti racconto un’altra volta.
Qui si tratta di ricordare, di celebrare, di rivivere.
Tutto insieme, tutto in faccia.

Non c’è tanta luce, qui dentro, ma c’è un lavoro spesso introspettivo che tocca e rivolta con le sue rime abrasive, che lascia in compagnia delle domande alle quali dovresti alla fine rispondere.
C’è un’identità artistica, in Requiem che lo fa diventare uno dei dischi italiani importanti.

Quasi un concept album sulla mancanza e sul ricordo. O sulla mancanza di un ricordo, sull’assenza, sull’amaro della vita. Sulla vita stessa, spesa, non importa come.

Sei una promessa che si schianta
Sulle mie braccia, mi ghiaccia e mi scalda
Sei una finestra che mi sbatte in faccia
Il vento che mi soffia in bocca e poi mi spazza

Requiem è anche questo: la celebrazione del ricordo, del rimpianto, della mancanza, del lato oscuro. E’ maturo, Requiem, è profondo, è spietato.
I riferimenti che corrono a romanzi quali “La Versione di Barney”

Ora che il tempo sa volare ed il nostro mare
Sta cancellando anche ogni piccolo particolare
Ora non sai nemmeno più cosa vuol dire amare
Ricordati di ricordare

o a “La Venticinquesima Ora”

Per chiedere scusa ai vecchi amici, per credere ancora in ciò che dici
Per andare senza mani in bici, per tornare ad essere felici

e ancora, volendo, arrivano a Johnatan Franzen in “Libertà”

Lascia i ricordi chiudi la porta e vai
Corri veloce per non voltarti mai
Senza confini, senza più fini
Non ti domandare lei come sta
Stai dimenticando tutto ciò che sai
Baby don’t worry, mama don’t cry

con la consacrazione di TMHH che tiene perfettamente il passo.
Requiem è un disco corale, in cui si trovano a proprio agio i punti di vista di artisti che in alcuni casi sono patrimonio del rap italiano (Fibra) o patrimonio di una musica italiana che sta regalandoci dischi importanti (Davide Shorty, Ghemon). Tutti nomi che non tolgono nulla a Claver Gold, sia ben chiaro.
Ecco, Requeim è un altro disco importante per la musica italiana.
Anche questo, come Straniero o Mezzanotte non lascia il retrogusto del compromesso, non ammicca a quello “che piace alla gente”, è – semplicemente – l’espressione artistica di un essere umano.
Ed è di questi dischi che la musica italiana ha bisogno.
Il resto si dimentica. Requiem di Claver Gold è qui per farsi ricordare.

Io non dimentico i posti in cui sono nato
Ma ciò che ho vissuto mi ha cambiato
Io credo nei sacrifici non credo al fato
E corro stanco morto e senza fiato
Mentre mi stringono i muri di questa mia città
Qui la libertà non esiste più
Poi torno indietro per cercare la mia verità
Dentro un dejà vù senza fiato

Alla fine, dopo l’outro, Requiem non lo chiamo più un disco rap italiano, ma un disco da ricordare.
E, forse, il rap in italiano inizia a convincermi.
Scusami, Claver Gold, sono in grave ritardo. Spero tu non te la prenda.

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