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Cody ChesnuTT – The Headphone Masterpiece

Il 2002 è l’anno del fantastico esordio di Cody ChesnuTT, The Headphone Masterpiece, un capolavoro lo-fi capace di stregare generazioni di appassionati

La musica spesso è piena di artisti che, pur incidendo poche cose e lasciando passare anni tra una pubblicazione e l’altra, riescono sempre ad alzare l’asticella della qualità. E’ il caso di Cody ChesnuTT (per ragioni a noi ignote preferisce lasciare la doppia T maiuscola nel cognome), nato ad Atlanta, ma trapiantato in California, classe 1968, uno dei cantanti più atipici del neo-soul degli ultimi vent’anni. Sì, perché lui è un musicista libero da vincoli contrattuali, il suo è un suono che pesca a piene mani dal passato, viene ricontestualizzato ai nostri tempi, ma evita manierismi fini a sé stessi. Sono molteplici le influenze nel suo stile, si passa da Marvin Gaye, a Sly & The Family Stone, Prince, Curtis Mayfield, i Beatles, Ben Harper, tanto per fare degli esempi. E tutti questi riferimenti artistici da lui assimilati possiamo ritrovarli nel suo primo album del 2002 intitolato The Headphone Masterpiece.

Dopo aver militato durante gli anni ’90 nel gruppo rock The Crosswalk, (che fu contrattualizzato sotto l’etichetta Hollywood, ma non riuscì a pubblicare il primo disco e dopodichè si sciolse), Cody ha modo di esprimere la sua creatività nel modo migliore. Ciò che ci sorprende in The Headphone Masterpiece è il modo in cui è stato realizzato, in quasi totale solitudine nel suo studio casalingo dotato di registratore a quattro piste (salvo pochissime collaborazioni) e con un suono lo-fi, a bassa fedeltà, che nonostante tutto suona alla grande. In pratica la risposta che spetta agli ossessionati della pulizia sonora e del suono freddo e patinato. The Headphone Masterpiece, pur nel suo essere grezzo, risulta genuino e viscerale, basti pensare al funk-blues granitico  di The Seed, pezzo che venne realizzato insieme ai The Roots successivamente. Come abbiamo accennato prima, le influenze sono molteplici, troviamo il soul caldo, vellutato e passionale  di tracce come Serve This Royalty, Can’t Get No Betta e 6 Seconds, oltre che il funk sintetico e princiano della breve Batman vs. Blackman e brani più bluesy come My Woman, My Guitars (quasi dylaniana), When I Find Time e 5 On a Joyride. Apprezzabili anche la psichedelia tenebrosa di Juicin’ The Dark, la folkeggiante Eric Burdon, il pop-rock di If We Disagree e Look Good In Leather, e le funky ma mai aggressive Upstart In A Blowout e Michelle. Per il resto a colpire è l’uso dell’elettronica casalinga a bassa fedeltà, che a più riprese ci rimanda al mitico Beck.

The Headphone Masterpiece, pur nella sua abbondanza di tracce (alcune sono brevissime) e nella sua lunghezza (è un doppio album) è un disco godibile e multiforme. L’artista di Atlanta ci dimostra come sia possibile creare dell’ottima musica senza correre troppo dietro alle mode. Dopo questo lavoro Cody continuerà a deliziarci con altre perle come Landing On A Hundred (2012) e My Love Divine Degree (2017). La registrazione lo-fi, in questi dischi, verrà accantonata a favore di una strumentazione più articolata di un suono di qualità. Cody ChesnuTT, pur non essendo molto prolifico artisticamente, a ogni nuova uscita riesce sempre a dare una marcia in più all’odierna soul-music, grazie al suo stile e alla sua voce calda, profonda, bluesy, dannatamente soul e soprattutto carica di sentimento. Egli ci insegna che non è importante la quantità di ciò che si produce, ma la qualità, e noi siamo sempre grati a lui per la musica che ci offre. E anche se si fa aspettare tanto, siamo sempre felici di accogliere nella nostra collezione ogni suo nuovo album. Go on bro!

Francesco Favano

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