Se c’è un rapper versatile, capace di trattare tematiche di spessore e molto attento alla ricerca sonora, quello risponde proprio al nome di Common.
Qui su The Italian Soul abbiamo avuto modo di parlarvi a più riprese di questo brillante MC che eccelle per le sue liriche consapevoli, socialmente impegnate e incentrate su tematiche rassicuranti come amore e spiritualità, mostrandosi agli antipodi del clichè del rapper misogino e inneggiante a soldi, lusso e prostitute. Perchè Common ha sempre avuto grande rispetto per il gentil sesso e nei suoi lavori lo ha sempre dimostrato. Un altro suo valore aggiunto è anche la ricerca stilistica. Spesso nei suoi dischi ha arruolato musicisti di grandi doti, dando così un volto nuovo e inedito all’hip-hop, non disdegnando i campionamenti, ma allo stesso tempo mostrandosi aperto al suono organico e live.
Oggi vi vogliamo traghettare indietro di 20 anni, precisamente nel 2002, parlandovi di un suo album che avrebbe meritato sicuramente molto di più. Il lavoro in questione si intitola “Electric Circus” e qui Common porta a un livello ancora più alto il suo groove. Già la copertina è una chiara dimostrazione di intenti, una copertina psichedelica e vagamente beatlesiana. Al centro troviamo l’immagine dell’MC di Chicago, come a dirigere e guidare il tutto, e dietro di lui un parterre di grandi ospiti tra i quali spiccano Prince, Erykah Badu, Bilal, Pharrell Williams, Laetitia Sadier degli Stereolab, il gruppo rock dei P.O.D., tra gli altri…E in tutto questo Common viene coadiuvato dal bravissimo batterista Questlove dei The Roots, produttore del disco e a sua volta affiancato da James Poyser e Pino Palladino, con cui forma la squadra dei Soulquarians. A livello musicale il rap è la cifra stilistica predominante, ma viene miscelato in maniera sorprendente con rock, psichedelia, jazz, elettronica new-wave, world-music, soul, pop e funk. Giusto per tradurre il titolo di quest’opera, ci troviamo di fronte a un circo elettrico capace di stupire per la sua complessità e variegatezza di soluzioni armoniche.
Sono 14 tracce in tutto, per la durata di 74 minuti e rotti, e tra queste meritano particolare menzione lo psych-soul di “Aquarius”, con la voce di Erykah Badu, la rockeggiante “Electric Wire Hustler Flower”, impreziosita dalla presenza del gruppo P.O.D., e la stilosa e soulful “Come Close”, che si avvale del refrain della bravissima Mary J.Blige. Ma le sorprese non sono ancora finite e allora lasciamoci catturare dall’electro post-rock di “New Wave”, con la voce di Laetitia Sadier degli Stereolab, e dall’elettro-dream-soul di “Star 69”, con il refrain di Bilal e un efficace cammeo di 30 secondi finale in stile funky anni ‘80, nientepopodimeno che di Prince! Ottime anche la bluesy “I Got The Right Ta”, con la partecipazione di Pharrell Williams, lo swing retrò di “I Am Music”, con la voce di Jill Scott e una briosa sezione fiati, e il blues-rock psichedelico hendrixiano di “Jimi Was A Rock Star”, in cui canta Erykah Badu, un chiaro omaggio appunto al mitico Jimi Hendrix. All’epoca della sua pubblicazione “Electric Circus” divise la critica.
Da una parte ci fu chi lo considerava troppo dispersivo e confuso per via della sua natura sperimentale. Dall’altra ci fu chi invece apprezzava le sue sperimentazioni e contaminazioni, il suo essere visionario, la sua natura psichedelica. Noi preferiamo meglio schierarci con i secondi, in quanto questo disco ci dimostra come l’hip-hop possa uscire dalla sua prevedibilità e ripetitività, acquisendo un volto inedito e convincente, vuoi per il suo suono suonato live, grazie alla supervisione di Questlove e di altri eccellenti musicisti contemporanei, vuoi per le tematiche positive e a favore dei buoni sentimenti, vuoi anche per le contaminazioni stilistiche. Possiamo tranquillamente dire che a distanza di 20 anni “Electric Circus” si possa ritagliare un importante spazio nella discografia di Common, una discografia che, per la maggior parte dei casi, si è sempre mantenuta su un ottimo standard qualitativo ed è in grado di non deludere mai l’ascoltatore. Quindi, caro Lonnie Rahsaad Lynn (questo il suo nome anagrafico), non smetteremo mai di ringraziarti per le tante emozioni che ci regali di volta in volta, all the best to you bro!
Francesco Favano