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Common & Pete Rock - The Auditorium vol. 1 - The Italian Soul

Common & Pete Rock – The Auditorium vol. 1

La foto del Kings Theatre di New York e due persone che la osservano passandovi davanti. Quasi come un importante riconoscimento. Quei due uomini rispondono ai nomi di Common e Pete Rock, il primo un rapper che da noi qui su The Italian Soul è ormai di casa (abbiamo avuto modo diverse volte di parlarvi di alcuni suoi album), l’altro un beatmaker e produttore che ha dato molto all’hip-hop anni ‘90, grazie ai suoi sample soul-jazz, loop e beat super-groovy, funky e ipnotici. Basti pensare anche a ciò che quest’ultimo ha prodotto con l’MC CL Smooth, uno su tutti il capolavoro “Mecca & The Soul Brother”, mitico album del 1992. In “The Auditorium vol.1” Common e Pete Rock hanno unito le loro forze e i loro cervelli per donarci un delizioso nuovo lavoro inciso in tandem. Il primo inconfondibile come sempre, grazie al suo flow e alla sua voce rassicuranti e caldi, oltre che per i testi di spessore, pacifici, spirituali e dai messaggi positivi anti-misoginia e anti-razzismo. L’altro imbastisce dei tappeti sonori che ci rimandano all’hip-hop anni ‘90, grazie a blasonati campionamenti e basi soul-funky-jazz anni ‘70, il tutto per un sound che rispedisce al mittente le accuse di revivalismo e nostalgia.


In circa un’ora e rotti veniamo trasportati in sonorità di prima scelta con tracce come “Dreamin”, che campiona “Daydream” di Aretha Franklin, e in cui Common commemora grandi figure della cultura hip-hop come J-Dilla e Trugoy dei mitici De La Soul, e anche “This Man”, con il suo sample di fiati squillanti e vigorosi. “Fortunate” si fa apprezzare per il suo mood tra soul e sonorità brasileire, forte del campionamento di un pezzo del grande Ivan Lins, mentre il fuoriclasse Bilal, uno degli alfieri di spicco del nostro amatissimo neo-soul, arricchisce con il suo cantato “So Many People”. Il brano trova anche il suo punto di forza nel suo testo di grande sensibilità lirica in cui traspaiono fede, saggezza e positività. Da segnalare anche “A GOD (There Is), con la voce graffiante e dannatamente soul di Jennifer Hudson, e “When The Sun Shines Again”, in cui troviamo un’istituzione hip-hop come Posdnuos dei De La Soul. Abbellito e reso vitale da nobili campionamenti della tradizione soul dei bei tempi che furono, “The Auditorium vol. 1” ci mostra Common e Pete Rock in perfetta sintonia tra loro. Le metriche e il flow del primo si incastrano impeccabilmente con le basi del secondo, un nome che ormai è una vera e propria garanzia nel confezionamento di strumentali e beat hip-hop, capace di omaggiare i grandi della black-music a scopo innovativo e sperimentale.

 

Possiamo annoverare il loro nuovo lavoro tra le migliori uscite black degli ultimi periodi, un disco che potrà fare la gioia dei fan storici del duo, quelli cresciuti con le loro pubblicazioni degli anni ‘90. E visto che si tratta di un volume primo ci piace pensare che ad esso possa fare seguito un nuovo capitolo interessante, capace di emozionarci e darci tante ottime vibrazioni positive. Sin dai suoi esordi nei primi anni ‘90, Common si è contraddistinto per essere un vero e proprio cavallo di razza della cultura hip-hop, un MC da sempre coerente alla qualità e con una sua onestà intellettuale, capace di dare dignità all’hip-hop, sin dai periodi in cui vi erano le faide tra le correnti West Coast e East Coast, dimostrando come il rap si possa elevare a poesia urbana del ghetto e essere in grado di dare voce ai disagiati e agli emarginati, forte anche dell’impegno socio-politico dell’MC di Chicago in vari penitenziari statunitensi, e di discostarsi da molti stereotipi machisti e misogini. E tanto di cappello anche a Pete Rock, capace di tessere ottime basi e trame strumentali, sia per le sue collaborazioni con CL Smooth, che come beatmaker per conto terzi, oltre che per interessanti pubblicazioni soliste di hip-hop strumentale, grazie alla sua tavolozza policromatica di suoni, ricca di senso del groove. E non ci resta altro che accogliere con un caloroso benvenuto Common e Pete Rock, oltre che ringraziarli per averci donato un disco in cui trasudano anima, calore, freschezza, autenticità e rispetto per la tradizione black. Big up bros!!

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Francesco Favano

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