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Davis Parker Gillespie

Davis Parker Gillespie – Staffetta con Bolt

Staffetta con Bolt che non aspetta. Davis Parker Gillespie.

L’evoluzione del linguaggio Musicale è costante, in certi periodi va velocissima ed in altri un po’ più a rilento. È normale, è arte e l’arte è lo specchio della società, un contenitore di mode e tendenze ma anche di crisi e di buio, di speranze e di bombe.
Con l’avvento di internet non esistono “poli” ai quali fare riferimento, non ci sono dei “Minton’s” dove andare a vedere, a provare o anche solo a cercare di capire, è tutto spiattellato lì, in rete, i dischi non si consumano più, i live sono solo per i pochi veri interessati e di caposcuola sembra ce ne sia un bastimento. Manca l’human touch, manca il mentore.
I più grandi l’hanno avuto, per esempio Mr. Davis – cito lui in occasione del suo compleanno – ha cercato insistentemente Mr. Parker e Mr. Gillespie quando si trasferì a N.Y. e questi, una volta conosciuto il piccolo Miles, gli hanno dato una chance … il resto è storia.
Non si parlava di Musica, si suonava, si provava dando e dandosi la possibilità di crescere, creare, imparare. Altri tempi, si, e assolutamente si, stiamo parlando di alieni. Torniamo però ai nostri giorni, torniamo ai, seppur bravissimi, semplici esseri umani. Esiste secondo voi la trasmissione di vissuto? Qualcuno o qualcosa in grado di trasmettere stimoli per la crescita e la formazione di un alfabeto elaborabile e personalizzabile? Un posto dove gioire di semplice e valevole educazione Musicale?
La risposta è no.
Di fondo questi qualcuno insegnano le scale, i paradiddle, le toniche e l’utilizzo del diaframma, che di fondo è giusto perché molto, adesso, passa di lì ma la verità è che il resto bisogna farselo da se.
La personalizzazione ha lasciato spazio all’omologazione, al scimmiottamento 3.0.
Certo! Appropriarsi di una cultura che non ci appartiene è difficilissimo, si fanno dei tentativi, si dipingono dei falsi prima di produrre, eventualmente, un capolavoro.
Ma io mi rifaccio ad un dopoguerra tutto Italiano, un periodo dove l’Italianità Musicale non era fatta di “wannabe” o di Sanremesche hits, mi rifaccio ad un periodo dove la nicchia era nelle orecchie di tutti. La rielaborazione nella propria chiave di un linguaggio lontano, sia geograficamente che culturalmente. Testi scritti su refrain incomprensibili per allora, arrangiamenti fatti sul suono che arrivava e non sulle note che venivano emesse.
Buscaglione, Carosone per citarne un paio.
Arrivava il Jazz.
Ed il Jazz non è una roba cristallizzata negli standards che stanno dentro un librone, il Jazz è un modo di vivere, di parlare.
È vivo e vitale e in evoluzione.
È scambio e sperimentazione.
È interpretazione.

Credo che se si facesse qualche sforzo in più dando delle direzioni a chi è interessato, forse e dico forse, si riuscirebbe ad avere un piccolo drappello di esseri umani che si scostano anche solo di un passo dal reggaeton del momento e forse dico straforse, questo manipolo di esseri umani viva una realtà alla luce del sole, senza essere rilegata in una catacomba simil jazz club anni ’30 che un po’ ti fa rivivere la 52esima ed un po’ fa sentire tanto fichi da snobbare il resto.
Si la tecnica simil questo e simil quell’altro ma si a noi stessi, voi stessi.
Potenzialmente ognuno di noi è il proseguimento di qualcosa, ha la possibilità di passare un testimone immaginario che si è trovato nelle mani perché qualcuno, o qualcosa, ce lo ha donato, lasciato.
Io trovo questa cosa elettrizzante!
Abbiamo un potere inimmaginabile ed abbiamo talmente tante possibilità di ascoltare qualsiasi cosa, possiamo crescere, provarci. Possiamo rapportarci alle parole non scritte ma suonate di grandissimi compositori, caposcuola, filosofi, scienziati e chi più ne ha più ne metta.
Possiamo mettere nel nostro frullatore emozionale ogni cosa ci interessi, ci attiri, possiamo lasciarla sedimentare, elaborarla per poi rilasciarla in Musica, viverla o regalarla a qualcuno.
La condivisione è tramandare un dna, è un regalo che non ha prezzo. A qualsiasi livello.
Mi auguro tantissimo che tutti coloro siano arrivati ad un piccolo/grande risultato lo condividano in maniera sana, lo mettano a frutto rendendolo elaborabile da chiunque ne sia interessato ne con la spocchia del bambino che fa vedere “solo in mano sua” il giochino nuovo ne con la paura fobica che questo risultato venga rubato.
Siamo tutti diversi ed elaboriamo in maniera diversa, sentiamo in maniera diversa anche le stesse identiche cose.

Husain Bolt 9:58

 

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