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George Benson

George Benson compie 75 anni

HA COMPIUTO 75 ANNI IL GRANDE CHITARRISTA E CANTANTE AMERICANO GEORGE BENSON.

Tra i tanti personaggi che hanno dato un grande apporto all’estetica della black music moderna c’è un musicista che, per diversi motivi, difficilmente viene citato e onorato a dovere, pur avendo avuto un impatto straordinario su stili come l’r&b ed il neo soul. Stiamo parlando del grandissimo chitarrista e cantante americano George Benson, che proprio ieri festeggiava il suo settantacinquesimo compleanno.
George Benson nasce a Pittsburg, Pennsylvania, il 22 marzo del 1943. Dimostra sin dalla più tenera età un grande talento musicale, tanto da vincere un concorso di canto (fu la voce, infatti, il suo primo strumento) alla tenerissima età di 4 anni. Fu il patrigno a incoraggiarlo a imbracciare prima l’ukulele, con il quale già a sette anni si esibiva per le strade della propria città, e in seguito la chitarra, che già ad otto anni padroneggiava in maniera egregia, tanto da permettergli di suonare in un locale senza licenza due sere a settimana. A nove anni incise per la prima volta per un etichetta di Rythm and Blues, la Groove Records, avvenimento che lo portò bruscamente nel mondo dello showbusiness ed ebbe un forte impatto negativo sulla sua scolarizzazione.

A causa del fallimento del singolo e del cattivo rendimento scolastico, Benson per un certo periodo lasciò perdere la chitarra, salvo poi riceverne una dal suo solito patrigno, uno dei suoi più grandi sostenitori “musicali”. Una volta finita la high school Benson mise le sue grandi doti musicali a disposizione dell’organista jazz Jack McDuff, con il quale suonò per ben quattro anni, fino al 1965, quando, alla giovanissima età di 21 anni, incise il suo primo album, The New Boss Guitar, sempre assieme al suo mentore McDuff. Da questo momento le sue doti furono sulla bocca di tutti, tanto da permettergli di realizzare dischi, che fossero da solista o come sideman, con molti dei mostri sacri del jazz dell’epoca: Lonnie Smith, Lou Donaldson, Hank Mobley, Jimmy Smith, Freddie Hubbard, Miles Davis, Herbie Hancock… questi sono solo alcuni dei nomi con cui George Benson ha avuto l’opportunità di collaborare negli anni ‘60-‘70.



Una volta al vertice di quella piramide che era il mondo del jazz, a metà anni ‘70 Benson passò alla Warner Bros. Records, etichetta che aveva un altro tipo di pubblico rispetto a quello più attento ed esigente a cui il chitarrista di Pittsburgh era abituato. Da questo momento la sua formazione jazzistica maturata sullo strumento e la sua anima vocale plasmata dal sottobosco musicale prettamente R&B della sua città d’origine si fondono e prendono vita insieme, accontentando così anche quella grande fetta di pubblico “pop” poco interessata ai virtuosismi prettamente jazzistici. Il successo è immediato: con l’album Breezin’ (1976) Benson raggiunge un immediato successo planetario, pur essendo in buona parte strumentale. La prima hit del musicista della Pennsylvania fu la bellissima This Masquerade (Leon Russell), brano che gli permise di ottenere il suo primo Grammy. Negli anni successivi, grazie alla fama guadagnata, ha la possibilità di collaborare con artisti quali Minnie Riperton, durante il tour di quest’ultima, con Stevie Wonder, incidendo il brano As da Songs in the Key of Life, e continuando la proficua collaborazione in studio con Freddie Hubbard, che durerà fino agli anni ’80. Dopo Breezin’ This Masquerade saranno numerose altre le hit (On Broadway, Give Me The Night, Turn Your Love Around, Shiver, ecc.) che lo porteranno a diventare leggenda.

Dagli anni ’90 in avanti la qualità delle produzioni di Benson in studio comincia a calare (pur riuscendo ad ottenere altri due Grammy nel 2007, uno in collaborazione con Jill Scott ed Al Jarreau), anche se continuerà comunque a vendere discretamente e soprattutto a diffondere in tutto il mondo la propria musica grazie alla sua intensa attività live. Il suo stile inconfondibile, che parte dalla grande influenza che ebbero su di lui due mostri sacri del jazz come Charlie Christian, Nat King Cole e Wes Montgomery e approda alla vocalità di giganti del soul e dell’R&B come Donny Hathaway e Ray Charles, è stato ed è ancora uno dei pochi che riesce a inglobare in maniera coerente molti degli stili che compongono quel grande contenitore che è la musica afro-americana. Benson, al pari del suo collega pianista Herbie Hancock, è stato uno dei primi (e uno dei pochi) a portare, in tutti i sensi, al successo questo modo di intendere la musica: forse c’è da ringraziare anche lui se oggi esiste gran parte della musica che ci piace.
Auguri George, grazie, e cento di questi giorni!

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