Nel 2021 ricorrono i cinquant’anni dalla pubblicazione di Pieces of a Man, capolavoro di Gil Scott-Heron e uno dei capisaldi del “conscious soul”
Soul e impegno socio-politico formano un binomio musicale in grado di muovere le coscienze e dar voce al disagio delle minoranze. Oggi risulta più che mai attuale, basti pensare alla presenza del movimento Black Lives Matter e ai vari episodi di questo periodo legati al razzismo. Spostandoci nel campo musicale, nel 1970 ci pensarono i Last Poets col loro album omonimo a esprimere al meglio queste tematiche, grazie a poesie recitate su un groove percussivo, un disco che ha posto le basi per il conscious-rap degli anni ’90. Noi però, in questo articolo, ci occuperemo di Gil Scott-Heron e del suo lavoro meglio riuscito intitolato Pieces Of A Man, uscito nell’Aprile 1971.
Nello stesso anno in cui esordirono i Last Poets, anche Gil muoveva i suoi primi passi grazie all’ottimo album Small Talk at 125th and Lenox, costituito prevalentemente di talking-blues e poesie sul groove. Nel 1971 punta più in alto con Pieces Of A Man, in cui il suo stile comincia meglio a delinearsi, grazie all’apporto del fidato Brian Jackson e alcuni ottimi turnisti come per esempio il meraviglioso batterista Bernard “Pretty” Purdie, ma anche musicisti come Ron Carter e Hubert Laws. I testi assumono grande importanza, si parla di diritti civili degli afro-americani, problemi esistenziali e vengono analizzate le debolezze dell’animo umano. Gil Scott-Heron non fa sconti e non ha paura di esporsi in prima persona. Ne è una prova di tutto questo il pezzo iniziale The Revolution Will Be Not Televised, costituito da un groove incalzante e ottime parti di flauto, una poesia sul ritmo pregna di coscienza sociale e ribellione, brano che diventerà col tempo un importante punto di riferimento per nutrite schiere di rapper attivi socialmente. Bellissima anche Save The Children, in cui Gil Scott-Heron si preoccupa per le generazioni future, tematica già affrontata anche da Marvin Gaye. In Lady Day & John Coltrane, viene trattato il tema della musica come liberazione da problemi esistenziali, celebrando allo stesso tempo le grandi figure di Billie Holiday e John Coltrane. Più cupa e intensa è invece Home Is Where The Hatred Is, in cui viene affrontato il tema delle droghe. Ancora coscienza razziale nella lunga e profonda The Prisoner, impreziosita dalle suggestive note di Brian Jackson e in cui Gil dà voce agli uomini del ghetto, segnati dalla loro vita difficile.
Pieces Of A Man merita il suo posto di rilievo in ogni collezione di musica soul che si rispetti, ma anche di musica in generale, in quanto è un lavoro in grado di sensibilizzare su temi delicati, oltre che abbattere gli steccati tra generi. Merita di essere collocato insieme a grandi album come l’omonimo dei Last Poets del 1970, oppure What’s Going On del mitico Marvin Gaye e, perché no, anche insieme ai lavori primi anni ’70 del mitico Curtis Mayfield. Per via delle tematiche trattate e delle grandi capacità liriche Gil Scott-Heron si guadagnerà l’appellativo di “Bob Dylan del soul”. La sua musica e i suoi testi ispireranno molti rapper negli anni a venire come per esempio Common, The Roots, Public Enemy e i Blackalicious (con i quali collaborerà nella bellissima First In Flight). Anche poeti in musica contemporanei e liberi pensatori come Meshell Ndegeocello e Michael Franti coi suoi Spearhead, non mancheranno di citare Gil Scott-Heron come loro importante punto di riferimento. E nonostante la morte ce l’abbia portato via il 27 Maggio del 2011, ancora continua a vivere tra noi e oggi più che mai abbiamo sempre bisogno dei suoi messaggi, delle sue poesie in musica, del suo groove. Quindi non smetteremo mai di essere grati a lui, che la tua arte possa vivere nel tempo e dare lezioni di umanità e giusti valori a tutti noi! Lunga vita a te, mitico Gil!
Francesco Favano