Kendrick Lamar ritorna con un nuovo sorprendente album, rilasciato a sorpresa in questi giorni e intitolato “GNX”
Il rapper Kendrick Lamar ritorna con un nuovo sorprendente album, rilasciato a sorpresa in questi giorni e intitolato “GNX”. Non siamo ai livelli del capolavoro venato di avant-jazz “To Pimp A Butterfly”(2015) e non c’è l’introspezione sulla vita familiare presente nel penultimo “Mr. Morale & The Big Steppers”, ma ci troviamo di fronte a un lavoro sanguigno, in cui il rapper di Compton dimostra ancora una volta di avere molto da dire e in cui si riconferma un brillante story-teller urbano. La produzione è più minimale, più “easy”, rispetto ai precedenti dischi, con lui troviamo come sempre i fidati Sounwave, Terrace Martin e Kamasi Washington e come novità c’è Jack Antonoff, già al fianco di nomi pop come Taylor Swift, Lana Del Rey, tra gli altri.
Il sound si fa più cupo e crepuscolare, oltre che scarno, e qua e là fanno capolino anche con ritornelli cantati, tutto per una scaletta multiforme e allo stesso tempo omogenea di 12 brani, per circa 41 minuti e rotti di ottimo rap. Kendrick dimostra di avere dalla sua anche ottime capacità interpretative, grazie al suo flow e ai suoi incastri metrici, oltre che essere capace di cambiare registro a seconda degli umori dei pezzi. Troviamo in alcuni brani preludi mariachi come nella iniziale “wacced out murals” in cui lancia dissing a pioggia contro tutto e tutti, forte anche della sua caratteristica di essere diretto, caustico e senza filtri e della sua voglia di riscattarsi da chi lo ha odiato. Notevoli anche i pezzi dalle atmosfere soul-R&B impreziositi dalla bella voce di SZA, una delle ultime stelle del contemporary R&B, che rispondono ai titoli di “luther”, caratterizzata dal campionamento di “If This World Were Mine” nella versione di Luther Vandross e Cheryl Lynn, e “gloria”, anche questa anticipata dal cantato mariachi. Il beat si fa più tetro e agguerrito nella brillante “reincarnated”, caratterizzata dal pianoforte mutuato da “Made Ni***z” di 2Pac. In questo pezzo Kendrick Lamar fa riferimento ai grandi miti della black-music del passato, ai quali si sente maggiormente legato, affermando come i nuovi artisti possano ereditare molto da loro e costruire una nuova società più giusta e allo stesso tempo imparando dagli errori e dalla vita sregolata di questi grandi artisti.
Ottime anche “man at the garden”, dai toni più riflessivi, oltre che sussurrati, in cui il rapper rivendica i meriti e i motivi della sua importanza nella scena hip-hop, senza mancare di lanciare critiche all’industria musicale, e “heart pt. 6”, che trae linfa da un ottimo tappeto sonoro soul-R&B, grazie al campionamento di un brano delle SWV, storico gruppo femminile dell’R&B anni ‘90. Ancora una volta Kendrick Lamar dimostra di saper sparare cartucce molto pesanti, di avere ancora frecce al proprio arco, rendendosi incisivo, un vero guerriero e poeta urbano, come un duro ma dal cuore d’oro, in quanto non manca mai di credere nella positività dei giusti valori della vita, oltre che saper denunciare i mali e le storture della vita di strada e dell’industria discografica.
Ora rabbioso, ora introspettivo, Kendrick Lamar si riconferma ancora una volta un vero Re Mida dell’hip-hop contemporaneo e le sue capacità liriche-metriche vengono anche supportate da una produzione senza fronzoli, meno manieristica e meno cerebrale, spesso come un chiaro omaggio alla scena West Coast degli anni ‘90. Tutti elementi che fanno di “GNX” un lavoro più accessibile al grande pubblico, ma tutt’altro che banale, la chiara dimostrazione che anche il mainstream può anche essere sinonimo di qualità. E non ci resta altro che accogliere questo nuovo album di Kendrick Lamar tra i dischi più significativi della scena black di fine 2024.
Well done K-Dot!!
Francesco Favano