Leon Bridges - Leon - The Italian Soul

Leon Bridges – Leon

Leon Bridges ci offre un album personale, intimo e autobiografico: Leon

Sin dagli esordi con l’ottimo “Coming Home”(2017), Leon Bridges ci ha stupito con album di qualità notevole. Il primo lavoro ce lo fece conoscere con un retro-soul molto “sixties” e che rimandava a grandi leggende come Sam Cooke, Otis Redding e la Motown. Quelle sonorità vintage, per quanto ben prodotte e ben arrangiate, avrebbero potuto far correre il rischio a Leon Bridges di restare rinchiuso in una sorta di gabbia dorata. Ma ciò non è avvenuto, perchè album dopo album, il soul-brother texano è riuscito a dare a ogni lavoro un’impronta sempre più variegata e differenziata. Il penultimo disco,  “Gold Digger Sound”, risale a tre anni fa. E adesso con “Leon”, protagonista del nostro articolo di oggi, Leon Bridges ci offre un album personale, intimo e autobiografico, oltre che con un sound tra classico e moderno e ricco di differenti colori e sfaccettature.

 

 

Troviamo pezzi come “That’s What I Love”, in cui sembra di ascoltare il mitico Marvin Gaye fare neo-soul dei giorni nostri, oppure “Panther City”, traccia che ci rimanda alle atmosfere retrò AOR West Coast radiofoniche. Intensa è “Simplify” con un arrangiamento intimista che mette in evidenza il pianoforte e la voce di Leon Bridges, tutto per uno dei pezzi più struggenti dell’intero lavoro, mentre il singolo “Peaceful Place” si fa apprezzare per le sue atmosfere afro-tribali e simil desert-blues. Ottime anche “Ghetto Honeybee” e la finale “God Loves Everyone”, il pezzo più ricco di spiritualità del disco e dannatamente soul, grazie anche alla voce di Leon ben supportata dall’arrangiamento orchestrale. Con questo nuovo album il soul-singer texano riesce a mettere a nudo tutto sé stesso, merito di una scaletta eterogenea e allo stesso tempo compatta, per un album che riesce a mostrare al meglio l’ecletticità di Leon Bridges.

 

Il lavoro si avvale della produzione di Ian Fitchuk (che ha collaborato con artisti del calibro di Shania Twain, Pink e James Bay, tra gli altri) e Daniel Tashian e il risultato è un’opera realizzata con cura certosina, grande maestria e impeccabilmente. Forse la cifra stilistica di questo disco potrebbe suscitare scetticismo in chi era abituato ad apprezzare Leon Bridges con il suo primo lavoro retro-soul e quelli successivi, per via di qualche divagazione musicale che di tanto in tanto il nostro si concede. Ma converremo tutti che un artista non può restare ingabbiato a lungo in dei clichè e che Leon Bridges abbia sempre tanto da dire e sia desideroso di mostrare volti inediti della sua musica. E quindi non ci resta altro che accogliere tra le uscite più interessanti di questa annata anche “Leon” in quanto troviamo vera musica soul genuina e senza fronzoli. Soul vuol dire anima e qui di sonorità fatte con anima ce ne son, forte anche della delicatezza di Leon Bridges nelle interpretazioni dei vari brani che rendono questo suo quarto lavoro un’opera coinvolgente e capace di toccare le corde del cuore e dell’anima. Welcome back Leon!

SITO UFFICIALE

Francesco Favano

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