La decisione dei Milwaukee Bucks di non giocare una partita dei playoff NBA ha portato ad un effetto domino di proteste nel mondo dello sport americano.
Ieri notte abbiamo assistito a un momento storico, non solo per quanto riguarda lo sport o gli Stati Uniti, ma per l’umanità tutta, un momento che verrà ricordato a lungo. Alle 22.15 ora italiana di mercoledì 26 agosto, infatti, i Milwaukee Bucks, squadra con ambizioni da titolo guidata dal fenomeno greco di origine nigeriana Giannis Antetokounmpo, hanno deciso di non giocare in solidarietà con le proteste che imperversano in questi giorni dopo l’ennesimo atto di violenza della polizia americana, ovvero la sparatoria a Jacob Blake avvenuta nel Wisconsin, a causa della quale la vittima, dopo essere stata raggiunta alla schiena da sette proiettili, ha ricevuto ferite tali da rimanere paralizzato dalla vita in giù. La squadra avversaria dei Bucks, gli Orlando Magic, ha ovviamente rifiutato la vittoria a tavolino che gli sarebbe spettata di diritto come segno di solidarietà. A ruota tutte le altre squadre hanno rinunciato a giocare, ma l’effetto domino non si è fermato al basket; anche tennis, calcio e baseball hanno vissuto episodi simili, alimentando quindi un messaggio che ormai più chiaro non può essere: “siamo stanchi di questa situazione”.
Nella notte la stella dei Los Angeles Lakers LeBron James (uno degli sportivi attualmente più attivi in materia di diritti civili), durante una riunione con esponenti de i vari club NBA presenti ad Orlando per i playoff, ha addirittura affermato di avere intenzione di boicottare la stagione, seguito a ruota dagli esponenti di Los Angeles Clippers. La situazione è poi rientrata nella giornata di ieri, con le squadre che hanno deciso infine di terminare la stagione, ma sui vari canali social e televisivi non sono finite le rivendicazioni di James e di molti altri esponenti dello sport americano:
Change doesn’t happen with just talk!! It happens with action and needs to happen NOW! For my @IPROMISESchool kids, kids and communities across the country, it’s on US to make a difference. Together. That’s why your vote is @morethanavote ✊? #BlackLivesMatter
— LeBron James (@KingJames) August 27, 2020
Particolarmente toccante la dichiarazione di Doc Rivers, allenatore dei Los Angeles Clippers e tra i primi a parlare della vicenda Blake pubblicamente, subito dopo la fine della partita tra Clippers e Mavericks di tre giorni fa:
Anche nel tennis non sono mancate dichiarazioni forti riguardo le proteste in atto. Prima fra tutte quella di Naomi Osaka (numero 10 del ranking mondiale), giapponese di nazionalità sportiva, ma per metà afro-americana, che ha lasciato questo messaggio su instagram:
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Una giornata storica, quindi, resa ancor più importante dal fatto che tutte le leghe, tramite i loro rappresentanti, per la prima volta nella storia hanno appoggiato le proteste in maniera plateale con comunicati e dichiarazioni, come questa della MLB, la celebre lega americana di baseball:
Dichiarazioni e comunicati che, ovviamente, non hanno fatto piacere a qualcuno in particolare…
Il legame tra sport e impegno politico, civile e sociale negli Stati Uniti ha una lunga tradizione che inizia con il pugile afro-americano Jack Johnson, campione mondiale dei pesi massimi nel 1908, prosegue con Jackie Robinson, primo nero ad esordire nella MLB il 15 aprile 1947 e ha una grande svolta con la leggenda del pugilato Muhammad Ali negli anni ’60. Un legame che si è rinforzato ancor di più a partire dal settembre del 2016, quando Colin Kaepernick, stella del football americano, durante il tradizionale momento dell’inno pre-partita si inginocchiò in segnò di protesta contro la brutalità della polizia, episodio che gli costerà letteralmente la carriera (da allora è senza squadra). Da allora episodi simili si sono moltiplicati, fino ad arrivare alla storica giornata che abbiamo appena vissuto. E che, siamo sicuri, inciderà sulla Storia.