Nina Sings the Blues è uno dei capolavori di Nina Simone, una delle più grandi interpreti afro-americane. Oggi andiamo a ripercorrerlo!
Se c’è nel soul un’artista afrocentrica e passionale al tempo stesso, be’, quella risponde al nome di Nina Simone. All’anagrafe Eunice Katleen Waymon, nata a Tyron (North Carolina) il 21 Febbraio 1933 e deceduta il 21 Aprile 2003 in Francia, incarna l’esempio della coscienza afro-americana più autentica, quella più consapevole e viscerale. Nina è nota per il suo impegno per i diritti civili degli afro-americani: ha passato una vita a combattere pregiudizi razziali e si è anche battuta per le donne (come possiamo notare nella bellissima canzone Four Women). E lo ha fatto a ritmo di musica, con uno stile che si muove tra jazz, soul, gospel, folk, nonostante la sua formazione come pianista di musica classica. La sua voce è una delle più originali del genere, una timbrica carica di sentimento, malinconica e rabbiosa al tempo stesso. Sin da bambina vive sulla sua pelle il razzismo del profondo Sud e ciò condizionerà profondamente la sua persona e la sua arte. Sono tanti gli album e i pezzi della sua discografia meritevoli di menzione. Oggi vogliamo scegliere Nina Sings The Blues, uscito nel 1967.
Come appunto dice il titolo, è proprio il blues la cifra stilistica predominante di questo lavoro. A dare bellezza e sostanza ci pensa anche l’armonica di Buddy Lucas, presente a più riprese. E allora come non lasciarsi catturare dall’iniziale Do I Move You? o dalla trascinante Day and Night, dal piglio più rhythm’ n blues… Il gospel fa la parte del leone in Real Real, ma è My Man’s Gone Now il vero pezzo forte del disco, una composizione che viene direttamente dal repertorio del mitico George Gershwin e in cui Nina sfodera tutta la sua maestria. Sicuramente molti di voi avranno anche ascoltato I Want a Little Sugar In My Bowl, pezzo che qui in Italia è stato riproposto grazie a uno spot pubblicitario, un brano dolce ma mai svenevole e con un’ineccepibile vena jazzy, ispirato alla grande Bessie Smith. Da segnalare anche The House Of The Rising Sun, ben nota nella versione dei The Animals, e il blues più canonico e sanguigno di Blues For Mama.
Sono tanti gli artisti, anche del rock e del pop, che hanno citato Nina Simone come loro punto di riferimento, a testimoniare la trasversalità di questa voce e come spesso la musica possa abbattere le barriere. David Bowie, per esempio, reinterpretò nel 1976 lo standard Wild Is The Wind in quanto venne ispirato proprio dall’interpretazione di Nina di alcuni anni prima. Notevole anche la sua influenza nel mondo del cinema, grazie all’interpretazione da parte dell’attrice, modella e ballerina Zoe Saldana nel film Nina. Il ruolo originariamente sarebbe dovuto andare a Mary J.Blige, che poi rinunciò alla parte a causa di problemi finanziari col progetto. Anche la popstar Lana Del Rey ha sempre citato la signora Waymon come suo modello, reinterpretando The Other Woman e Don’t Let Me Be Misunderstood. Benjamin Clementine, pianista, cantante e poeta anglo-francese, ha ammesso di essere stato anch’egli influenzato da Nina, la cui musica di incarna perfettamente lo spirito del popolo afro-americano, grazie a una vocalità potente, profonda ed espressiva, mai sofisticata. Il che non è affatto un difetto, anzi risulta più un pregio. Il suo look africaneggiante, con tanto di turbanti, ispirò anche quello di Erykah Badu, un’altra grande interprete della coscienza sociale afro, oltre che importante esponente del neo-soul. E noi saremmo sempre grati a Nina per il suo grande impegno civile, oltre che per la sua musica straordinaria, vero specchio dell’anima e capace di muovere i sentimenti e le coscienze. Canta ancora per noi sis!
Francesco Favano