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Ricordiamo Prince con “Sign O’ The Times”

Sempre attuale il tema “Sign O’ The Times” per ricordare il più grande innovatore della musica, Prince.

Sometimes it snows in April (A volte nevica ad Aprile). Così cantava nel 1986 il mitico Prince, una frase e un titolo che sembravano all’epoca profetici. Proprio il 21 Aprile del 2016 ci lasciava uno dei più grandi geni e innovatori della musica mondiale. Ma la sua arte lo ha reso, lo rende e lo renderà immortale e oggi noi vogliamo ricordarlo con uno dei suoi lavori più importanti, “Sign O’ The Times”. Siamo nel 1987 e Prince aveva prima di allora licenziato ben 8 dischi. Sempre in quel periodo avrebbe dovuto vedere la luce il “Black Album”, lavoro il cui nome dell’artista doveva rimanere ignoto. Forse per insoddisfazione il musicista di Minneapolis decise di annullarlo e ritirarlo. Divenne però preda di molti collezionisti e stampato solo un paio di anni dopo. In “Sign O’ The Times”, doppio album di ben 16 canzoni,

 

Prince sfodera tutte le sue virtù di fuoriclasse assoluto spaziando su vari generi. Soul, funk, rock, blues, jazz, elettro-pop, psichedelia….C’è di tutto e di più in questo lavoro, anche le tematiche acquisiscono più maturità.  Oltre all’amore e al sesso più indiavolato spiccano anche problematiche sociali, come per esempio nell’apocalittica title-track. Qui vengono elencati i mali del periodo (AIDS, droga, calamità naturali, povertà, disastri nucleari) su un arrangiamento elettro-blues di drum-machine Linn e sintetizzatore Fairlight, un arrangiamento che allora era proprio avanguardia pura. C’è anche spazio per il funk nel suo classico stile come nelle ipnotiche “Housequake”, “It” e “Hot Thing”, mentre la vena soul più romantica viene fuori nella ballatona “Slow Love”, con un bellissimo arrangiamento di archi e sezione fiati, e in “Forever In My Life”, con vaghi sapori di Otis Redding. Il rock  invece trasuda in pezzi come “I Could Never Take The Place Of Your Man” e “Play In The Sunshine”, quest’ultima tra anni ’80 e reminescenze di Little Richard. Da non dimenticare nemmeno la meravigliosa “If I Was Your Girlfriend”, brano sull’inversione dei ruoli uomo-donna con un invito al rispetto reciproco e alla fedeltà. Il tutto viene reso al meglio grazie all’utilizzo della voce pitchata, androgina, usando l’alter-ego Camille.

La socio-spiritualità viene trattata nel country-blues di “The Cross”, più marcatamente funky è invece “It’s Gonna Be a Beautiful Night”, una jam-session-live registrata a Parigi e con il “Trans-Mississippi-Rap” della fortissima batterista Sheila E. L’album si chiude con il brillante e ispirato soul-jazz di “Adore”, caratterizzato da belle parti di tromba (si disse sempre fosse di Miles Davis, anche se nel disco viene solo citato nei ringraziamenti e non nei crediti). Che altro dire di quest’opera…Che non servono le parole per descriverla, la musica e i vari stili adoperati parlano già da soli. “Sign O’ The Times” si ritaglia il suo spazio non solo tra gli album più importanti di Prince, ma anche degli anni ’80 e di tutta la musica in generale. Indipendentemente dal genere che si ascolta, che sia soul, pop o rock, è difficile restare indifferenti di fronte a un lavoro di tale portata, è la summa della sua produzione, un disco che ha influenzato e continua ancora oggi a influenzare parecchi artisti. Grazie caro Prince per le grandi emozioni che ci hai regalato, la tua musica non morirà mai e sarà sempre di grande esempio anche per le future generazioni musicali!!

Francesco Favano

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