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Sly & The Family Stone – There’s A Riot Goin’ On

Un’altra pietra miliare direttamente dall’anno d’oro 1971: oggi parliamo di There’s A Riot Going On, capolavoro degli Sly & The Family Stone

Siamo agli inizi degli anni ’70 e Sylvester Stewart e soci danno alle stampe un altro dei loro lavori meglio riusciti: There’s A Riot Goin’ On. Il titolo del disco (che tradotto significa “C’è una rivolta in atto”), sembra quasi una risposta al titolo di un altro grande album soul sempre datato 1971, What’s Going On?, il capolavoro politicizzato di Marvin Gaye, altro disco manifesto di quel periodo. Infatti in quegli anni molti sogni hippy e pacifisti del decennio precedente stavano purtroppo svanendo, vista anche l’entrata in guerra degli USA contro il Vietnam. La musica, come ben sappiamo, è sempre stata il miglior modo per rispondere a ogni negatività, ed ecco che proprio in quell’anno Sly & The Family Stone creano uno dei loro lavori più tenebrosi, nichilisti e decadenti. Tra l’altro, Sylvester Stewart combatteva contro i demoni della tossicodipendenza e il gruppo era quasi sull’orlo dello scioglimento, tant’è vero che il loro leader si trovava spesso a incidere in perfetta solitudine suonando gran parte degli strumenti.

Al di là di tutto questo, la genialità che traspare in There’s A Riot Goin’ On lascia a bocca aperta. Basti pensare alla super-funky traccia di apertura Luv ‘N Haight, con tanto di corposi wha-wha e sezione fiati squillante, oppure alla sensualissima Just Like a Baby, d’impronta wonderiana, con un groove sinuoso e incalzante, tanto basso e tastiera clavinet, oltre che i vocalizzi sovraincisi di Sylvester Stewart che sembrano sfidarsi e rincorrersi tra loro. Family Affair è invece un pezzo che potremmo definire quasi “proto neo-soul”, per via dell’efficace utilizzo della drum-machine, uno dei primi brani nella storia del pop e del rock a farne uso. Ancora funk graffiante in Brave And Strong, Poet, Africa Talks To You (The Asphalt Jungle) e Thank You For Talkin’ To Me Africa. Quest’ultima altro non è che una ripresa, in versione allucinata, del pezzo Thank You (Fa Lettin Be Myself Egin), uscito nel 1970, ed è caratterizzata da un ritmo scarno e chitarrine stridenti. Nonostante i vari problemi che affliggevano il leader della band, in questo disco ogni particolare viene curato nei minimi dettagli, niente è lasciato al caso. Anche il tipo di incisione riflette l’umore decadente di quest’opera, una registrazione ombrosa, fumosa, che potremmo definire come “dub ante-litteram”, grazie a groove ipnotici, chitarre acide e soprattutto tanta psichedelia. Importante anche il contributo di un grande maestro del basso, Larry Graham.

There’s A Riot Goin’ On debutterà in quell’anno alla prima posizione delle classifiche degli album pop e soul e col tempo guadagnerà anche certificazioni oro e platino, oltre che l’inserimento in varie riviste e guide musicali autorevoli tra i migliori lavori della storia del rock. Come appunto dice il titolo, questo disco rappresenta infatti la rivolta in musica, una rivoluzione agguerrita ma pacifica allo stesso tempo, il miglior modo per rispondere a guerra e razzismi vari, forte anche della contaminazione tra soul e rock e della formazione della band, una delle prime formazioni musicali multirazziali. There’s a Riot Goin’ On, prosegue il discorso iniziato nel 1969 con il favoloso Stand!, contiene musica intensa, vitale, vero soul, un lavoro dal quale, negli anni a venire, impareranno molti artisti neo-soul e hip-hop, e che ogni appassionato del genere non deve farsi sfuggire.

Francesco Favano

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