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Kandace Springs

Kandace Springs e i suoi Soul (o pop?) Eyes

Oggi parliamo di Kandace Springs e di Soul Eyes, suo primo album fuori per Blue Note Records.

Credo che il jazz non sarà mai più un genere mainstream, commerciale, “pop” (insomma, ci siamo intesi); o almeno, non credo che lo rivedremo tale, almeno quelli della mia generazione e le precedenti. Detto questo, è impossibile non notare come il jazz, o meglio, generi derivati da esso, resi più appetibili e digeribili per un pubblico più ampio, stiano man mano prendendo piede anche nelle classifiche musicali principali. Gregory Porter, Kamasi Washington, ma anche gli stessi Robert Glasper e Flying Lotus sono solo alcuni esempi di questa tendenza, che personalmente ritengo estremamente positiva in quanto porta molta gente ad avvicinarsi al vasto e complesso mondo della black music. Certo, ci sarà sempre qualcuno che lo fa per moda, per questioni di comodo, di autocompiacimento, ma c’è anche una gran quantità di gente che si appassiona, approfondisce, e alla fine si innamora. Una delle case discografiche che ultimamente punta parecchio sulla “poppizzazione” del jazz è forse il colosso discografico jazz per eccellenza, un’etichetta leggendaria sinonimo di alcune delle migliori produzioni di sempre nella storia della musica afroamericana: la Blue Note. Oggi vogliamo parlare dell’ultima artista prodotta dall’etichetta americana, una giovane musicista jazz/soul dall’enorme talento: Kandace Springs.
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Kandace Springs nasce a Nashville 27 anni fa. Il padre, uno dei pochi cantanti soul sulla scena musicale della cittadina del Tennessee, famosa per la sua tradizione country, fu ovviamente la sua prima fonte di ispirazione musicale, così come lo furono i dischi di Roberta Flack che lui stesso faceva sentire alla piccola Kandace; un buon punto di partenza per poi andare a scoprire i classici del jazz, del soul e del funk – Aretha Franklin, Nina Simone, Erykah Badu, Ella Fitzgerald, Stevie Wonder, ecc. La passione per la musica, condivisa con le due sorelle, la porta ad iniziare lo studio del pianoforte, oltre che ovviamente del canto. Ciò le dà modo di mettere in mostra il proprio talento durante l’adolescenza, tanto che fin dalla tenera età di 17 anni non sono poche le etichette che bramano di averla sotto contratto. Kandace non ha fretta e puntualmente rifiuta le proposte: mentre lavora come parcheggiatrice di giorno in un hotel di Nashville, fa pratica cantando e suonando il piano nel salone del medesimo albergo di notte. Solo dopo diversi anni, una volta trasferitasi a New York, comincerà a lavorare seriamente alla propria musica. La grande occasione non si fa attendere: un’audizione alla Capital Records Tower di Los Angeles farà letteralmente innamorare Don Was, presidente della Blue Note, che di lì a poco la metterà sotto contratto.
Kandace Springs sembra nata per fare successo: talentuosa, di bella presenza, professionale, magnetica, dotata di una voce incredibile, eclettica, versatile. Insomma, non le manca niente per sfondare. Non stupisce quindi che Don Was si faccia in quattro per metterle a fianco dei super produttori per realizzare il primo prodotto discografico della ragazza, un’EP omonimo. Kandace Springs, è di base EP R&B/Soul con influenze jazz che, grazie alla forte personalità della cantante e alla sapiente produzione di Pop & Oak, ottiene ottimi feedback sia dal pubblico che dalla critica. Che la si senta da disco o la si veda dal vivo, Kandace si impone all’attenzione del pubblico quasi con violenza. Così è successo a noi quando l’abbiamo incontrata sulla nostra strada virtuale, le cui tappe consistevano nei video che vedete allegati nell’articolo. Raramente, infatti, capitano artisti a tal punto impeccabili da ogni punto di vista: la presenza, lo stile, il gusto, il talento, l’originalità, la cazzimma black che tanto ci piace. Senza contare il fatto che un certo Prince, dopo aver sentito la sua cover di Stay With Me di Sam Smith, l’avesse presa in simpatia, invitandola alla commemorazione dei 30 anni di Purple Rain e seguendola costantemente durante la sua ascesa. Tutto ciò preludeva alla possibilità di un primo album esplosivo, o almeno così ce lo aspettavamo noi: un mix esplosivo di jazz, sonorità black urbane, neo soul e funk da far impallidire qualsiasi nome presente sulla scena attuale (e non).
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Finalmente il 24 giugno la nostra curiosità è stata saziata dopo l’uscita di Soul Eyes, Primo LP di Kandace Springs, sempre (ovviamente) per Blue Note Records. Giusto per non essere ambigui, lo scrivo adesso: una mezza delusione. Non perché Soul Eyes, sia in sé un brutto album, anzi, si tratta di un disco godibile, suonato impeccabilmente dal cast di eccellenti musicisti messi a disposizione della cantante (Terence Blanchard alla tromba, Vinnie Colaiuta alla batteria, Peter Kuzma all’organo, Dan Lutz al Basso, Pete Korpela alle percussioni, Dan Parks e Jesse Harris alle chitarre), orecchiabile, che fila liscio fino alla fine. Ma non era questo ciò che mi aspettavo, ciò che desideravo; speravo di dover usare altre parole oltre a “godibile” o “orecchiabile” per un disco del Genere. Avrei preferito di gran lunga descriverlo come “sudato”, “sofferente”, “funky”, termini che calzano, ad esempio, per descrivere un altro disco prodotto dalla Blue Note, No Beginning No End di Jose James. Soul Eyes è in definitiva un disco praticamente pop: pop nei suoni, pop in diversi arrangiamenti, pop nel modo in cui si rivolge al pubblico. Sembra quasi Larry Klein, leggendario produttore il quale ha seguito, coordinato e diretto la registrazione di soul eyes, abbia pensato più alle vendite che al resto, ingabbiando il talento e la personalità di Kandace in un prodotto che di black, secondo me, ha ben poco. Certo non mancano alcuni Highlights degni di nota come la title-track Soul Eyes e gli ultimi due brani del disco, Leavin’ e Rain Falling, e ovviamente la voce di Kandace è magica come al solito… Ma sono purtroppo molti di più i momenti in cui pare di ascoltare una Norah Jones degli anni ’10. Non esattamente ciò che ci aspettavamo, con tutto il rispetto per Norah Jones.
Ci aspettavamo, invece, il fatto che Soul Eyes conquistasse le vette delle classifiche jazz mondiali, dove continua a rimanere sorpassata solo da fenomeni come Jacob Collier o l’amico Gregory Porter. La Blue Note ha raggiunto il suo obiettivo (vendere) al primo colpo, a discapito, secondo noi, di una maggiore qualità del prodotto. Ci chiediamo invece se Kandace sia veramente soddisfatta; dopo il suo primo EP, noi ci aspettavamo qualcosa di diverso, più genuino, magari anche più grezzo, ma sicuramente più “personale”. C’è di buono che di tempo per rifarsi ne ha parecchio, e un’artista con una tale dose di talento non dovrà sforzarsi molto per farci ricredere. Noi aspetteremo, con la speranza che la prossima volta i suoi occhi saranno più Soul e meno Pop.
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Clicca qui per ascoltare Soul Eyes su Spotify.

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