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Trombone Shorty torna dopo cinque anni con “Lifted”

Finalmente, dopo cinque anni di attesa, torna sulle scene il trombonista e cantante Trombone Shorty, che ha appena pubblicato il suo ottavo album, Lifted

Classe 1986, vero nome Troy Michael Andrews, nato a New Orleans, Trombone Shorty fa parte di quegli artisti più talentuosi della scena black contemporanea. Virtuoso del trombone e degli strumenti a fiato, ma anche valido cantante e polistrumentista, ha iniziato a suonare sin dall’età di sei anni, fino a esibirsi nelle bande musicali della sua città, divenendo poi leader di vari ensemble. Tutte queste esperienze lo porteranno a collaborare con musicisti del calibro di Lenny Kravitz, Aerosmith, Jeff Beck, Eric Clapton, Dr. John. La formazione artistica di Trombone Shorty è di stampo jazz, ma dal 2009 ha iniziato a esibirsi insieme al suo gruppo Orleans Avenue lanciandosi, con risultati molto interessanti, in un crossover che incorpora jazz, funk, R&B, soul, rock, blues, hip-hop, gospel, psichedelia e suono di New Orleans. Oggi, qui sul blog, vogliamo proporvi il suo nuovo album intitolato Lifted.

In dieci tracce esplosive e cariche di groove e vitalità, Trombone Shorty ci propone il suo collaudatissimo cocktail sonoro. Il disco è stato inciso a ridosso di varie esibizioni dal vivo e tra i pezzi più interessanti troviamo il funk grintoso di Come Back, il rock-blues di I’m Standing Here (con la chitarra del bravissimo Gary Clark jr, tra gli ottimi portabandiera del soul-blues contemporaneo) e Everybody In The World, impreziosita dalla presenza della New Breed Brass Band. Le atmosfere gospel pervadono What It Takes, con la bella voce di Lauren Diagle, più soul in senso canonico in Forgiveness, mentre Might Not Make It Home è un inebriante funk che ammicca vagamente ad accenni disco.

 

Ascoltando Lifted veniamo trasportati da musica genuina, fresca, carica di brio e solarità, di quella più viscerale e artigianale. Trombone Shorty ancora un’altra volta si mostra un musicista ricco di estro, creatività, versatilità e bravura, lo troviamo in gran spolvero e più maturo nella composizione dei brani, forte anche di una carriera ventennale, iniziata nel 2002 durante la sua adolescenza e della condivisione del palco con vari artisti provenienti da rock, blues, R&B e hip-hop. Dopo il penultimo album intitolato Parking Lot Symphony (2017) possiamo tranquillamente dire che cinque anni di attesa sono stati più che utili per ritrovarci tra le mani una delle nuove uscite più interessanti della scena black, quella che è un perfetto crocevia tra tradizione e modernità e soprattutto quella che non ama piegarsi ai freddi autotune e suoni electro. Non ci resta che dare il più che caloroso benvenuto a Trombone Shorty, possiamo perdonargli anche la lunga attesa di cinque anni, che a noi viene ricompensata con una nuova brillante opera, intensa pur nella sua breve durata ma che non mancherà di stupire e fare la gioia degli amanti del buon vecchio suono di New Orleans. Welcome back Troy! 

Francesco Favano

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