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Raphael Saadiq - Stone Rollin' - The Italian Soul

Raphael Saadiq – Stone Rollin’

2011: esce Stone Rollin’, il quinto, incredibile album del polistrumentista californiano Raphael Saadiq, uno dei pilastri della scena soul degli ultimi vent’anni.

Si può essere vintage e allo stesso tempo credibili e avere un approccio personale? Se parliamo di Raphael Saadiq, la risposta non può essere che sì. Il signor Charlie Ray Wiggins (questo è il suo nome anagrafico) è infatti uno di quei Re Mida della musica soul contemporanea. Lo troviamo presente in molti dischi neo-soul e contemporary R&B in veste di produttore, arrangiatore e musicista. La sua impeccabilità è infatti frutto di tanti anni di esperienza nel settore musicale, una carriera iniziata a metà anni ’80 grazie a Prince e Sheila E, che lo vollero come supporter del tour dell’album Parade, nel 1986. Da lì poi inizia anche la fortunata esperienza coi Tony!Toni!Tonè!, fino ad arrivare a un’interessante produzione solista. Nel 2008 stupisce pubblico e critica lanciandosi nel recupero di sonorità soul Motown vecchio stampo, grazie all’ottimo album The Way I See It.

Nel 2011, non contento, decide di ampliare il discorso con l’altrettanto pregevole Stone Rollin’, avvalendosi di un ampio stuolo di musicisti con tanto di chitarre, tastiere elettriche vintage, sezione fiati e orchestra. A questo si aggiungono molteplici influenze e l’apporto di musicisti di grande caratura come Paul Riser (sue le direzioni d’orchestra nel soul dei tempi Motown), Robert Randolph, Larry Graham (nella ghost-track The Perfect Storm), Amp Fiddler e Larry Dunn (già con i mitici Earth Wind & Fire). Il soul vintage è l’elemento stilistico prevalente, ma qua e là viene sciorinato in tutte le sue declinazioni e arricchito di varie influenze. C’è spazio per Heart Attack, funkeggiante e rock allo stesso tempo, con reminescenze di Sly & The Family Stone, oppure per il Philly Soul venato di ottimi cori gospel di Go To Hell. In Radio trasudano influenze rock n’roll degne di Chuck Berry, più bluesy è invece la title-track, che ci rimanda al mitico Bo Diddley. Il country-rockabilly la fa da padrone in Day Dreaming, con l’efficace apporto della steel-guitar di Robert Randolph, uno dei più importanti virtuosi dello strumento della sua generazione. Echi Motown in Movin’ Down The Line, e ottimi anche il singolo Good Man e la finale The Answer, quest’ultima caratterizzata da una ritmica marziale e una suggestiva e intensa orchestra d’archi.

L’album otterrà grande successo in quell’anno, grazie a numerose recensioni positive e a un tour che oltre agli Stati Uniti toccherà anche diverse tappe europee, tra cui anche di apertura ad alcuni concerti di Lenny Kravitz. Stone Rollin’ è un brillante esempio di quello che viene definito “retro-soul”, che consiste nel recupero di sonorità anni ’60 e ’70, un filone che ha portato al successo l’indimenticabile Amy Winehouse e che ha trovato in artisti come Sharon Jones & The Dap-Kings, Charles Bradley, Lee Fields degli ottimi portabandiera, per quanto riguarda la scena indipendente. Stupisce in questo lavoro di Raphael Saadiq l’utilizzo di strumenti come Mellotron e Moog, che conferiscono al disco un’impronta più psichedelica. Stone Rollin’, nonostante il suo mood riecheggiante il passato, rimanda al mittente le accuse di manierismo, in quanto queste sonorità vengono manipolate dal polistrumentista californiano in modo personale e anche perché si pongono in controtendenza con produzioni electro e plastificate tanto in voga in quel periodo. Chi per ragioni anagrafiche non ha potuto vivere gli anni d’oro del genere potrà farlo grazie a questo disco, un ottimo lavoro capace di far andare a ritroso l’ascoltatore e dare lezioni di musica genuina e prodotta con tanto amore, come ai tempi che furono. 
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Francesco Favano

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